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QUADERNI LACANIANI
Hans 100 anni. Il contributo di Jacques Lacan alla psicanalisi dei bambini. Milano 2004.
Che cosa chiamiamo autismo? Le sorprese della clinica. Roma 2004.
Lacan 100 anni. Mosè e il Nome-del-Padre. Roma 2005.
Clinica dell'adolescenza. Clinique de l'adolescence di C. Tyzler. Roma 2005.
La psicanalisi è adatta ai bambini?

Per informazioni rivolgersi alla segreteria

28.06.07

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Guardate i video delle conferenze di Nazir Hamad, Jean-Paul Hiltenbrand, Charles Melman e Jean-Jacques Tyszler alla Casa della Cultura di Milano per il ciclo "Disagio nella modernità" curato da Marisa Fiumanò

- Dove è andato a finire il legame sociale?




- La depersonalizzazione. "Le pans de danse" tra voce e sguardo.




- L'angoscia




- Disagio nella famiglia


04.11.05

Tutte hanno la pancia tranne me

di Marisa Fiumanò*
In Italia il discorso della psicoanalisi non ha fatto breccia nel campo medico e poco anche in quello psichiatrico Questo rende difficile il lavoro di collaborazione con i medici che, con qualche eccezione, appaiono restii ad accettare che la soggettività sia implicata nel sintomo e nella malattia. Nell’ambito della procreazione assistita però, in cui la nozione di malattia è di dubbia applicazione anche per gli organicisti più convinti, questa posizione é meno sostenibile.
L’infertilità, più che come una malattia, può presentarsi come un’inibizione o come un sintomo, ma spesso senza cause accertate, ed è perciò che in molti centri per la cura della sterilità è ormai prevista una consulenza psicologica d’ufficio. Si presume che la presenza dello psicologo contribuisca ad aumentare le probabilità di successo dell’atto medico. Questo talvolta accade e possiamo ragionevolmente ritenere che sia dovuto ad effetti di transfert , al fatto cioè che una parola possa essere indirizzata ed ascoltata. Questo genere di supporto, però, é omogeneo all’intervento tecnico-medico e quindi non guida al di là della formulazione della domanda iniziale, cioè la volontà di avere il bambino.

Siamo quindi di fronte al paradosso che, anche grazie a questo tipo di presenza psicologica che si fa ancella della medicina, il campo della sessualità, della procreazione e della filiazione diventa sempre più di pertinenza tecno-medica, e non solo nei casi di effettiva difficoltà a procreare. Può capitare ad esempio – e non è una rarità- che il medico venga consultato quando si “decide” di avere un figlio solo per essere guidati sul come comportarsi nell’intimità.
Avere un bambino è nella linea della riuscita e della performance oggi socialmente richieste alle donne, cioè nell’ordine di un avere fallico, di un bene. Lo statuto del desiderio di bambino ne risulta deformato: non più desiderio di un oggetto che prende il posto di un altro oggetto perduto, secondo una linea di sostituzione metonimica, ma volontà di avere ciò che è socialmente desiderabile come bene. E siccome in Italia la psicanalisi è rubricata come un sottoinsieme della psicologia e quest’ultima, a sua volta, è perfettamente complice della logica del discorso tecno-scientifico, si può consultare un analista senza pensare affatto di sospendere un iter di PMA. Questo pone il problema di come accogliere delle domande a tal punto prese nell’ideologia del nostro tempo ma che, e deve esserci per questo una ragione, sono comunque rivolte ad un analista.
Sono infatti domande che tradiscono un desiderio sofferente e un soggetto a disagio nella logica del discorso tecno-medico ma questo non impedisce che la fiducia nella sua efficacia persista anche quando i fatti la smentiscono, ad esempio quando ripetuti cicli di inseminazione falliscono.
Soffocate dalla logica scientifica o scientista (secondo la definizione di Lebrun)1 dominante, sono però domande che non hanno del tutto rinunciato a formularsi.
Non è il solo campo in cui abbiamo a che fare con domande prese nel discorso comune2; però mi sembra che la clinica dell’infertilità abbia una specificità, quella di ruotare non solo intorno all’oggetto ( il bambino che si vuole) ma anche intorno all’ossessione di cui si è vittima; intendo dire che mette in causa anche l’insopportabilità di uno stato passionale.
È davvero di desiderio di bambino che si tratta in questi casi?
Questo ci riporta alla distinzione di cui tanto si è parlato nelle recenti giornate di Milano3 tra passione e desiderio. E ricordo, anche per quelli che non c’erano, che Melman aveva proposto le “rien” come oggetto della passione e aveva sottolineato che il legame esclusivo della passione col suo oggetto ha a che fare con la morte.
Ora io non so se si possa trasferire questa definizione di Melman che riguarda il campo del desiderio sessuale, al campo degli stati passionali legati al desiderio della maternità “ a tutti i costi” come la chiamano le giornaliste quando affrontano il problema, tutti sanno però quanto possa essere devastante per il corpo di una donna essere sottoposto a numerosi cicli di inseminazione.
“ A tutti i costi” vuol dire voler andare fino in fondo anche se questo “fondo” sembra non avere fine perché la tecno-medicina ha sempre ancora una nuova risorsa da tirare fuori dal cappello.

Il desiderio di bambino ha uno statuto particolare per le donne.
E certamente parte del desiderio di una donna ma nei casi di infertilità questa parte viene presa per il tutto e il desiderio di una donna vi si riduce, si riduce ad uno stato che definirei passionale.
Quando si tratta di passione,potremmo dire, non si è nel registro del desiderio ma in quello della domanda.
Il registro della domanda è particolarmente familiare alle donne, la sua persistenza ha radici nella specificità dell’edipo femminile o per meglio dire nel processo di sessuazione che si è convenuto chiamare edipo.
L’infertilità può attualizzare il dramma edipico, il sentimento di esclusione che ne deriva e la radicalità del pathos connesso a questa esclusione. E siamo fin qui nel campo del fallico. Ci sono però dei casi in cui, in quest’attesa di bambino, viene investito anche un altro campo, quello del godimento . Allora sembra che sia l’irrinunciabilità a questo godimento a determinare lo stato passionale; da qui la difficoltà di analizzarlo.
Come se, più che il bambino, fosse la gravidanza ad essere investita come uno stato di pienezza estatico che si produce attraverso il corpo gravido.
Ecco un enunciato in cui mi sembra leggibile sia la domanda dell’oggetto fallico che l’aspirazione ad un godimento riservato alle donne.
“Tutte hanno la pancia… tranne me” si lamenta una giovane signora che viene a parlarmi della sua ossessione e dei tentativi falliti di ricorso alle tecniche procreative. Lei, che ha sempre ottenuto quello che voleva, studi, carriera, marito, per la prima volta non ci riesce. E poiché l’ostacolo non viene dall’esterno, né dal corpo che è sano, è costretta a supporre un ostacolo psichico.
Si delinea così una divisione tra la credenza nei poteri della tecnomedicina e la supposizione di un altro sapere in cui si troverebbe ciò che fa ostacolo a quanto vuole ottenere.
Supposizione di un sapere nell’Altro, sapere inconscio, e credenza nella scienza sono due posizioni distinte che entrano in conflitto nel caso di PMA.
Se la supposizione di un sapere inconscio prevale sulla credenza scientifica una consultazione può trasformarsi in una domanda d’analisi, ma riuscire a formulare questa domanda è più difficile di quanto non avvenga in altri casi in cui pure uno psicanalista conduce la cura senza necessariamente escludere il ricorso alle cure mediche (penso ad esempio al caso delle anoressie/bulimie o alle malattie psicosomatiche gravi ecc.).
L’ostacolo maggiore alla formulazione di una domanda è costituito dalla promessa della tecnomedicina di fornire l’ oggetto domandato, un oggetto nel reale, il bambino. Lo statuto reale dell’oggetto rinforza la credenza nell’onnipotenza scientifica e al tempo stesso fissa la domanda su quell’oggetto. La fissa nel senso che non consente, o rende difficili, le sostituzioni metonimiche. Credo che non sia inessenziale che si tratti di una domanda formulata all’interno di una credenza.
La credenza è dell’ordine della religione ed era la religione, prima della scienza, a compiere i miracoli. I miracoli sono la forza della religione, sono cioè ciò che interviene nel reale e lo modifica. Il miracolo agisce sull’impossibile e il reale è dell’ordine dell’impossibile.
L’espressione “ miracolo della nascita” fa parte della nostra lingua e si riferisce al vuoto di senso che fa enigma nel fatto che un essere nasca da un altro essere. Fecondità e infecondità partecipano di quest’enigma che la scienza, o meglio la tecno-scienza, tendono ad eliminare o a ridurre quanto più riescono.
Un analista, al contrario, non promette il bambino a una donna che si lamenta dell’infertilità perché la sua funzione non è quella di alimentare la credenza, fosse anche quella nei poteri della psicanalisi, né di agire per suggestione, né, tanto meno, di fornire un oggetto. Può però restituire un sapere. Perché la sua azione sia analiticamente efficace c’è bisogno di una supposizione di questo sapere. E’ necessario che il soggetto che domanda supponga l’esistenza di un altro sapere.
Credenza e supposizione di un altro sapere, o di un sapere nell’Altro, sono posizioni ben distinte.

In questo senso una donna nel guado della PMA che si rivolge ad un analista può essere divisa tra la credenza nell’onnipotenza scientifica e la supposizione di un inconscio. Si tratta di sostenere allora la formulazione di una domanda – e questo può richiedere molto tempo -che proceda dalla credenza alla supposizione di un sapere4
La psicoanalisi non può che condividere con la tecno-medicina il campo colonizzato della sessualità e della procreazione. Oggi non possiamo escludere che in un soggetto ( e forse in tutti noi) la supposizione di un altro sapere conviva con la credenza nella scienza perché siamo tutti immersi in un discorso scientista.
Ho voluto, con questa digressione rispetto all’enunciato della mia paziente, sottolineare la difficoltà di guidare all’articolazione di una domanda così a rischio di essere catturata in un unico registro reale.
Lo riprendo adesso, questo “Tutte hanno la pancia tranne me” per proporre ancora un’osservazione. Non si tratta evidentemente solo di bambino, quanto di quello “stato”, a cui accennavo prima, che mi sembra alluda ad un’esperienza di godimento a cui avrebbero accesso le donne. “Tutte” le donne, dice la mia paziente, perché per lei La donna esiste e gode ed è la partecipazione al godimento delle madri, quella testimoniata dalla “pancia”, che permette di entrare a far parte di questo “Tutte”. Da quest’enunciato, nel caso a cui accennavo, se ne sono biforcati altri due:
“ Anch’io voglio avere la pancia” e “Perché le altre ce la hanno e io no?’”
“Perché le altre si e io no” mette in gioco il fantasma dell’Altra donna e con esso le domande che ruotano sulla femminilità, ma soprattutto su ciò che specificherebbe il godimento di una donna, quell’”avere la pancia” a cui si collega tanta mistica della maternità. Anche se si enuncia in termini di “avere” rinvia, oltre che ad una domanda fallica, ad uno stato, all’”essere” incinta.
Da quello che ho potuto constatare nella mia esperienza l’accanimento della domanda, nei casi di infertilità, può essere riferita sia all’avere che all’essere ( ci sono donne che vorrebbero solo “restare” incinte) e naturalmente a entrambi, ma quando è sbilanciata dal lato del godimento, quando è soprattutto domanda di accesso ad un godimento supposto riservato alle donne, risulta meno trattabile analiticamente.
Nei casi più favorevoli, invece, il rapporto con l’oggetto che il bambino rappresenta passerà dell’ordine dell’avere, della domanda di avere, all’ordine del desiderare. In questo caso, ed è già un primo confortante risultato del processo della cura, la compulsività della domanda può cominciare ad allentarsi e solo allora il desiderio di bambino potrà prendere forma nella sua specificità e complessità.


* Intervento al Congresso di Padova della Fondation Européenne pour la psychanalyse del 29 e 30 ottobre 2005 su “La psychanayse et la science”


1 J.P. Lebrun Un monde sans limite. Essai pour une clinique psychanalytique du social, Erès, 1997
2 Hiltenbrand propone di assimilare il discorso della tecno-scienza , ormai dominante, al discorso del capitalista, il quinto dei discorsi formalizzati da Lacan
3 “Desiderio di uomo, desiderio di donna, che dirne?” 17 e 18 settembre 2005 promosse dall’Association Lacanienne Internationale con l’Associazione lacaniana a Milano, l’Ecole Rhone-Alpes d’Etudes Freudiennes et Lacaniennes e il Laboratorio freudiano sede di Milano in collaborazione con il Centre culturel français de Milan
4 Vedi a questo proposito – differenza fra la credenza scientifica e la “supposizione” di un sapere nella ricerca psicanalitica – l’articolo di Jean-Louis Chassaing Science et croyance: Giordano Bruno in «Le discours psychanalytique» (De la croyance), n°24, octobre 2000, pp. 145 e ss.

10.10.05

Come una donna desidera...

Presentiamo un intervento di Charles Melman, fondatore dell’Association
lacanienne internationale, alle giornate di studio di Milano del 17-18 settembre,
a tema “Desiderio di uomo, desiderio di donna, che cosa dirne?”.
L’intervento fa seguito alla relazione d’apertura di Jean-Louis Chassaing
dal titolo “Mister, are you a lesbian?”.

L'intenzione è di aprire sul nostro sito un dossier con gli interventi
più interessanti, spesso debitori del dibattito "a caldo" che
si è creato durante le giornate di studio milanesi.

Sono ammirato per il modo in cui, con molto coraggio, lei è entrato in
un soggetto particolarmente difficile e credo che il nostro modo di inaugurare
testimonia del carattere delicato del problema. Perché se mettiamo in simmetria
“desiderio di uomo, desiderio di donna” supponiamo, poniamo che una
donna è castrata allo stesso modo di un uomo perché bisogna affidarsi
a questa formula “altamente ineguale”: che non c’è desiderio,
a parlare propriamente e per il fatto stesso della castrazione, che maschile e
che una posizione desiderante implica in qualche modo una partecipazione alla
posizione maschile.

Ora, come sappiamo, direi da una lunga esperienza sia privata sia istituzionale,
la difficoltà è di fare in modo che una donna venga al desiderio,
la difficoltà è di renderla desiderante secondo la formula di Lacan,
che dice che è il desiderio dell’uomo che divide la donna. È
una formula che illustra bene questo fatto, cioè che conviene in qualche
modo che lei accetti, trovandosi lei stessa divisa da questo passaggio, [questa
divisione] per accedere al desiderio. Nel complesso d’Edipo a cui ci riferiamo
così facilmente c’è comunque una cosa meravigliosa: in che
cosa il complesso d’Edipo può essere organizzatore per una donna,
per una bambina? E se non lo è, quale sarebbe il mito suscettibile di rendere
conto della venuta di una donna al desiderio? Ce n’è uno? È
la questione che vi pongo e vorrei che mi aiutaste in questo: può essercene
uno? Oppure non troviamo, in questo caso che da parte mia trovo interessante,
che non può esserci organizzazione mitica che renda conto del modo in cui
il desiderio sarebbe venuto a una donna? Allora a questo proposito voglio permettermi
d’introdurre una notazione che spero non sembrerà spiacevole, nella
misura in cui io la credo giusta, sia nella teoria sia nella clinica: è
attraverso una partecipazione che secondo me bisognerebbe chiamare isterica, cioè
in qualche modo per simpatia, per identificazione, per partecipazione all’inizio
immaginaria, dico bene, all’inizio, che una donna parteciperebbe al desiderio
e in particolare al desiderio maschile. Notazione che, come ho ricordato poco
fa, Lacan corregge dicendo che è il desiderio dell’uomo che viene
in qualche modo a farle divisione, corregge dandole in un certo senso una sanzione
simbolica; ma è una sanzione simbolica che non viene, direi, per l’appunto,
dall’Altro, che viene da quest’accidente che rappresenta un simile
e che introduce qui nel gioco una dimensione che nell’Altro per lei non
è presente.

Dunque permettetemi, se volete, dopo questo inizio che trovo molto brillante di
Jean-Louis [Chassaing], molto documentato, molto ricco, ma che porta tuttavia
a una conclusione comunque, pratica, clinica, permettetemi questa notazione sul
fatto che non si può scrivere in simmetria desiderio di uomo-desiderio
di donna. Quest’ultimo paziente, mister, così carino, mister “Are
you a lesbian?”, devo dire che da parte mia, fondandomi su alcune notazione
che ho ricordato perché so che vi sono familiari, avrei detto: “insomma
dicendomi quello che è scritto sulla sua t-shirt”, perché
questo era rivolto a lei comunque, “senza dubbio lei voleva dire che lei
è come me, che anche lei ama le donne, il solo problema che la riguarda
è che lei non saprebbe abbordarle che stando in mezzo a loro, dal loro
stesso lato. Senza dubbio è proprio questa la questione che lei viene a
pormi”. Grazie.

03.06.03

La sublimazione

Venerdì 6 giugno 2003 ore 18
Sala attigua alla Libreria Claudiana, via Sforza 12/a Milano
Conferenza di
Muriel Drazien
La sublimazione

Secondo Freud, le creazioni dell’uomo in campi come l’arte, la scienza, la ricerca teorica sono prodotte dalla pulsione sessuale benché sembrino molto lontane da questa loro origine. Attraverso il processo di sublimazione la meta della pulsione può essere ugualmente raggiunta, malgrado il cambiamento d’oggetto, e la soddisfazione ottenuta è psichicamente comparabile a quella raggiunta per via sessuale. La sublimazione sarebbe dunque ciò che soddisfa le esigenze della civiltà permettendo il compimento delle più grandi opere dell’uomo senza rimozione.
Lacan riprende la tesi di Freud e nel VII seminario, dedicato a “L’etica della psicanalisi”, la collega al nuovo concetto che introduce, Das Ding, La Cosa e propone questa formula: la sublimazione eleva un oggetto alla dignità della Cosa. È ciò che avviene nell’amor cortese dove l’oggetto femminile appare sublimato e promosso alla dignità della Cosa benché questo non abbia alcuna corrispondenza con l’effettiva condizione delle donne nel medio evo, del tutto prive di libertà propria. L’amor cortese espresso dall’arte dei “trovatori”, era un esercizio poetico, un modo di giocare con un certo numero di temi convenzionali, idealizzanti, ma che non avevano corrispondenza con la realtà. E tuttavia questi ideali, in primis quello della Dama, tornano in epoche successive, e fino alla nostra.

Muriel Drazien è psicanalista, direttrice del Laboratorio freudiano per la formazione degli psicoterapeuti. Vive e lavora a Roma.

Ingresso 10 euro
Sabato 7 giugno la dott.ssa Drazien terrà un seminario.
Ingresso su iscrizione il venerdì prima della conferenza.

08.05.03

A proposito della psicoterapia dei bambini

«Un giovanissimo studente della Facoltà di Psicologia mi aveva chiesto una volta, senza trovarci niente da ridere, con quali parole parlassi ai bambini. Siccome evidentemente la mia risposta non gli bastava, aveva aggiunto: "Ma lei non gioca con loro? Non disegna?" Mi sono trattenuta dal chiedergli a che cosa pensava che giocassi con i bambini. Forse al dottore, chi lo sa? In ogni caso sembrava molto disorientato di non vedere nel mio studio nessuna traccia di giochi, di giochi per bambini, e ancor più che io potessi ricevere sia dei piccoli di due anni che degli adolescenti o degli adulti.
Tutto questo lo lasciava davvero molto perplesso. La sua ingenuità non ha però niente da invidiare a molti psy, psicanalisti patentati che, ancora oggi, scartano il fatto di ricevere dei bambini col pretesto che non sono equipaggiati per farlo o che non ci sanno fare con i bambini; come se la cura con un bambino supponesse un sapere, un saper-fare particolare. Come se ci fosse una "cura-tipo" di cui il bambino dovrebbe beneficiare.
Lacan ha detto di aver scritto Varianti della cura tipo proprio per contestare "questa formula ripugnante", l'idea stessa che possa esserci una cura-tipo. Dato che lo psicanalista non sa mai in anticipo, dato che la scienza psicanalitica, come dice Freud, è rimessa in questione nell'analisi di ogni caso, possono solo esserci varianti della cura. E questo, nel caso della psicanalisi dei bambini, è particolarmente evidente».
(Marie Pesenti-Irmann)


Venerdì 16 maggio2003 ore 18
Sala attigua alla Libreria Claudiana, via Sforza 12/a Milano
Marie Pesenti Irmann
Chi parla nella cura col bambino?

Marie Pesenti Irmann è psicanalista, membro della Federation Europeenne de psychanalyse
(Federpsy)
, membro associato del gruppo Le Bachelies sui problemi dell'adolescenza, del gruppo Asphère sul problema del Femminile. Vive e lavora a Strasburgo.

Ingresso su iscrizione (direzione@freudlab.it)
Sabato 17 maggio la dott.ssa Marie Pesenti terrà un seminario di clinica infantile.
Ingresso su iscrizione il venerdì prima della conferenza.

La clinica dei bebè a rischio di autismo

Per il ciclo di conferenze sull’infanzia e l’adolescenza

Il Laboratorio Freudiano per la formazione degli psicoterapeuti, scuola di specializzazione quadriennale riconosciuta dal Miur e La Scuola di psicanalisi di Milano dell'Association Lacanienne Internationale presentano:

Venerdì 4 aprile 2003 ore 18
Sala attigua alla Libreria Claudiana in via F. Sforza 12/a Milano

Marie-Christine Laznik

La clinica dei bebè a rischio di autismo

Rilevare le prime tracce di un futuro di autismo nel bebè serve a mettere in atto una clinica che quanto più è precoce tanto più è efficace. Si tratta di indagare sugli elementi essenziali della costituzione del soggetto umano nel suo legame con l'Altro, in particolare sulla prosodia della voce materna come elemento centrale intorno al quale ruota quella che Lacan ha definito "pulsione invocante".
La clinica dei bebè a rischio di autismo sarà trattata anche attraverso la decifrazione di video di famiglia di bambini diventati in seguito autisti.

Marie Christine Laznik, psicanalista dell'Association Lacanienne Internationale, lavora e vive a Parigi. È una delle più importanti studiose dell'autismo infantile a livello internazionale. Tra le sue numerose pubblicazioni ricordiamo in particolare: Vers la parole. Trois enfants autistes en psychanalyse, Denoel 1995 e un saggio sulla Sessualità femminile in menopausa di imminente pubblicazione in Francia.

INGRESSO 10 euro (studenti 5 euro)
Sabato 5 aprile dalle 10 alle 13 la dott.ssa M.C. Laznik terrà un seminario di clinica infantile (sala piccola della Libreria Claudiana. Ingresso su iscrizione il venerdì prima della conferenza)

Il bambino come soggetto

Per il ciclo di conferenze sull’infanzia e l’adolescenza

Il Laboratorio Freudiano per la formazione degli psicoterapeuti-Scuola di specializzazione quadriennale riconosciuta dal Miur e La Scuola di psicanalisi di Milano dell'Association Lacanienne Internationale presentano:


Venerdì 14 marzo 2003 ore 18
Sala attigua alla Libreria Claudiana, via F. Sforza 12/a Milano
Anne Hamad: Il bambino come soggetto: un’esperienza alla Maison Verte

La Maison Verte, inaugurata a Parigi nel 1979 per volontà di Françoise Dolto, accoglie i bambini da 0 a 3 anni di età insieme con i loro genitori, nonni , balie e accompagnatori. Non è un nido, né un giardino d’infanzia, né un centro di cura, ma una casa, luogo intermedio che prepara il bambino alle successive esperienze di socializzazione. L’esperienza parte dal presupposto che i bambini piccoli e piccolissimi, in quanto esseri di linguaggio, siano perfettamente in grado di comprendere le parole che ascoltano.
L’équipe è composta da personale di accoglimento e psicanalisti che in questa sede, però, non fanno consultazione. La loro particolare posizione è quella di testimoni, attenti a cogliere ed accogliere i segni che i piccoli emettono per significare i punti di sordità che incontrano nei loro genitori.

Anne Hamad, psicanalista e psicoterapeuta, dirige un Centro Terapeutico di Consultazione per i bambini a Parigi. Da molti anni collabora strettamente con la Maison Verte.


INGRESSO LIBERO

Sabato 15 marzo dalle 10 alle 13 la dott.ssa Anne Hamad terrà un seminario di clinica infantile
( sala piccola della Libreria Claudiana. Ingresso su iscrizione il venerdì prima della conferenza)

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